Ricerca Avanzata
   Tribunale di Bologna
   Tribunali Emilia-Romagna
   Corte d'Appello di Bologna
   Lo Studio nelle Alte Corti
 
Corte d'Appello di Bologna > Da perdita di chances
Data: 25/07/2006
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 244/06
Parti: Maria Carla V. / INPS
ESCLUSIONE DALLA SELEZIONE PER ATTRIBUZIONE DI QUALIFICA SUPERIORE DIRITTO SOGGETTIVO AL RISPETTO DELL’ITER CONCORSUALE E RISARCIMENTO DEL DANNO DA PERDITA DI CHANCE .


Art. 1175 c.c. e 1375 c.c.

Art. 1226 c.c.

Artt. 50 e 51 ccnl Poste Italiane Circolare 2.8.1995 n. 35 Poste Italiane Circolare 7.11.1995 n. 35 Poste Italiane Una dipendente delle Poste Italiane S.p.A., inquadrata nell’Area Operativa, quale ex V categoria, esclusa dalla procedura selettiva per accertamento professionale necessaria per passare all’area quadri di secondo livello prevista dalla lett. E della circ. n. 35/95, adiva il Tribunale di Piacenza chiedendo la condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno per perdita di chance da liquidarsi con separato giudizio, ritenendo la sua esclusione illegittima perché operata sulla base di scelte discrezionali arbitrarie, non conformi ai criteri previsti contrattualmente e quindi poste in violazione dei principi di correttezza e buona fede. Si costituiva in giudizio Poste Italiane, chiedendo il rigetto della domanda attorea, eccependo che la lavoratrice non aveva dimostrato di essere in possesso dei titoli di servizio idonei a metterla in grado di essere ammessa al colloquio per l’accertamento professionale, né che, se la selezione fosse stata espletata in modo legittimo, avrebbe certamente potuto ottenere la promozione. Il Tribunale del lavoro di Piacenza, con sentenza n. 114/2001 accoglieva la domanda, dichiarando l’illegittimità della selezione per quadri di II livello, nonché l’illegittimità dell’esclusione della ricorrente dalla preselezione per violazione dei criteri selettivi indicati dalla circolare, condannando Poste al risarcimento del danno da quantificarsi con separato giudizio. Il Tribunale in particolare fondava il proprio giudizio di illegittimità della selezione sul fatto che la mancata documentazione della fase di preselezione rendeva impossibile la verifica dei criteri adottati e la sua valutazione comparativa tra gli ammessi e gli esclusi, ponendosi quindi in contrasto con i principi di trasparenza e obiettività enunciati dall’art. 50 del ccnl di categoria. La violazione delle norme procedurali da parte del datore di lavoro erano quindi un inadempimento contrattuale cui doveva essere collegato presuntivamente il danno dedotto, senza che il creditore potesse essere tenuto ad alcun onere probatorio in ordine al nesso di causalità. Contro la sentenza proponeva appello Poste Italiane, che viene accolto dalla Corte rilevando come l’appellata (rimasta contumace in secondo grado) non avesse assolto agli oneri probatori e di allegazione su di lei gravanti. La decisione merita attenzione anche perché ripercorre gli orientamenti della Suprema Corte in punto al risarcimento del danno da perdita di chance. Innanzitutto viene ricordato che un lavoratore, ritenutosi illegittimamente pretermesso, può far valere il diritto soggettivo alla promozione o può invece limitarsi a lamentare il mancato rispetto del corretto svolgimento delle procedure concorsuali (Cass. n. 3183/99 e n. 158/94) e tale differenza di posizioni soggettive azionate si riflette sia sull’onere probatorio da assolvere, sia sul versante dei danni da risarcire. Nel primo caso, infatti, il lavoratore deve provare che il corretto svolgimento delle operazioni del concorso lo avrebbe portato certamente tra i promossi “come può verificarsi ove la normativa dettata dalla contrattazione collettiva o dalla regolamentazione interna o comunque dal bando di concorso preveda un sistema di scelta dei promovendi basato su criteri predeterminati, incentrati su criteri di ponderazione oggettiva (cd. punteggi fissi o vincolati)” (così Cass. n. 11522/97), ovvero quando i criteri di scelta riservino al datore di lavoro una valutazione discrezionale (cd. punteggi liberi) che tuttavia non può essere affetta da manifesta inadeguatezza o irragionevolezza, ossia non può essere arbitraria (così Cass. n. 2167/96): il datore di lavoro, infatti, nel compimento delle operazioni selettive deve attenersi alle regole fondamentali della correttezza e buona fede che si traducono in un obbligo di imparzialità della stima comparativa (così Cass. n. 650/92 e n. 8710/99) e non può compiere salti logici tra il giudizio comparativo e gli elementi che dovrebbero sorreggere detto giudizio. In tale primo caso i danni patiti si identificano nel pregiudizio economico conseguente alla mancata promozione e consistono nella differenza tra il globale trattamento economico goduto dal lavoratore e quello a cui avrebbe avuto diritto se avesse ottenuto la promozione. Nel secondo caso invece, ove non si possa dimostrare il nesso di causalità tra il corretto svolgimento della procedura concorsuale e la rivendicata promozione, il lavoratore potrà ugualmente agire in giudizio per la tutela del suo diritto soggettivo al rispetto della regolarità dell’iter concorsuale (Cass. n. 3481/99). I principi di buona fede e correttezza, infatti, fungono da limite al potere imprenditoriale e funzionano quali criteri “qualificativi scuscettibili di discriminare l’adempimento dall’inadempimento” (Cass. n. 6864/87, n. 6657/91, 7210/92, n. 4725/93). In questo caso i danni risarcibili non sono quelli derivanti dalla “mancata promozione”, bensì quelli consistenti nella perdita della possibilità di promozione e quindi nella privazione della possibilità di progressioni nell’attività lavorativa (danni certi e non probabili, così Cass. n. 15810/01, n. 8468/00 n. 8132, n. 14074/00), onde il danno patrimoniale risarcibile – consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di una possibilità attuale (Cass. n. 11322/03) – può essere determinato ex art. 1226 c.c., applicando al parametro delle retribuzioni percipende e percepite, un coefficiente di riduzione che tenga conto del tasso di probabilità che il lavoratore aveva di risultare vincitore (Cass. n. 158/94, n. 2167/96, n. 11522/97). L’onere probatorio gravante sul candidato è quello di provare i fatti che configurano la violazione degli obblighi (generali o specifici) incombenti sul datore nell’espletamento delle procedure concorsuali, la sussistenza degli obblighi stessi che si lamentano violati (Cass. n. 2280/2000), nonché il nesso causale tra l’inadempimento e l’evento dannoso, con l’indicazione degli elementi (come ad es. il posto in graduatoria) idonei a far ritenere che il regolare svolgimento delle procedure selettive avrebbe comportato una concreta, effettiva, attuale e non ipotetica probabilità di vittoria del candidato pretermesso (Cass. n. 11522/97, Cass. n. 11322/03 cit.).